Non ricorda più l'ultima volta che è riuscita a dormire per sei ore piene, sei ore ininterrotte senza svegliarsi da un brutto sogno o scoprire che i suoi occhi si erano aperti all'alba, e sa che questi problemi di sonno sono un brutto segno, un avviso inequivocabile del fatto che l'aspettano guai, ma malgrado quello che continua a ripeterle sua madre, non vuole tornare ai farmaci. Prendere una di quelle pillole è come inghiottire una piccola dose di morte. Quando inizi con quella roba, i tuoi giorni vengono trasformati in un regime stordente di smemoratezza e confusione, e non c'è momento in cui senti la testa imbottita di batuffoli di cotone e brandelli di carta. Ellen non vuole chiudere la sua vita per sopravvivere alla sua vita. Vuole che i suoi sensi siano svegli, formulare pensieri che non svaniscano nel mentre le si presentano, sentirsi viva in tutti i modi in cui un tempo si sentiva viva. Ora non sono in programma collassi. Non può permettersi altri cedimenti, ma malgrado gli sforzi di tenersi salda nel qui e ora, la pressione si è nuovamente accumulata in lei, ricomincia a sentire fitte del vecchio panico, il nodo nella gola, il sangue che le scorre troppo in fretta nelle vene, il cuore contratto e il polso frenetico. Paura senza oggetto, come gliel'ha descritta una volta il dottor Burnham. No, dice ora fra sé: paura di morire senza aver vissuto.
( Paul Auster )
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