Nelle nostre ore più buie potremmo trovare conforto nell'antico slogan dal movimento di resistenza, dichiarando che non ci sposteremo. Ma dobbiamo finire quella frase. Spostato da dove? Stiamo ancorando al meglio di ciò in cui abbiamo creduto, nel corso della nostra storia, o semplicemente a un nuovo modo arrabbiato di autoconservazione? L'alta morale americana non può essere una montagna isolata da cui ci rifiutiamo di imparare qualcosa per proteggerci da mostruose perdite.
(In our darkest hours we may find comfort in the age-old slogan from the resistance movement, declaring that we shall not be moved. But we need to finish that sentence. Moved from where? Are we anchoring to the best of what we've believed in, throughout our history, or merely to an angry new mode of self-preservation? The American moral high ground can't possibly be an isolated mountaintop from which we refuse to learn anything at all to protect ourselves from monstrous losses.)
Nei tempi difficili, le persone spesso si aggrappano al mantra resiliente dei movimenti di resistenza passati, affermando la loro determinazione a rimanere fermi. Tuttavia, diventa essenziale esaminare le basi di questa determinazione. Bisogna chiedersi se questo impegno sia radicato negli ideali positivi della nostra storia o semplicemente una posizione reazionaria guidata dalla paura e dalla rabbia. La vera forza non sta nella rigida aderenza alla credenza ma nella capacità di adattarsi e crescere dalle lezioni apprese.
La nozione di superiorità morale americana non è una scusa per isolarsi dalle realtà del cambiamento e della comprensione. Se rimaniamo irremovibili di fronte alle avversità, rischiamo di perdere di vista i principi etici che una volta ci hanno guidato. Invece di permettere alla paura di dettare i nostri istinti di sopravvivenza, dovremmo impegnarci con le complessità delle nostre esperienze per emergere più illuminate e unificate.